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Vita di Galileo di Bertolt Brecht

BREVE BIOGRAFIA DI UN ANTIARISTOTELICO

Bertolt Brecht nacque ad Augusta il 10 febbraio 18981 da una ricca famiglia borghese. Terminato il liceo si iscrisse alla facoltà di lettere per poi passare a quella di medicina evitando così l’arruolamento. Allo scoppio della guerra, nel 1918, prestò servizio come infermiere ed iniziò ad interessarsi alla scrittura dando origine ai suoi primi drammi. Nel 1924 si stabilì definitivamente a Berlino dove iniziò a collaborare con Carl Zuckmayer al Deutches Theater. In questo stesso periodo Brecht conobbe Elisabeth Hauptmann con la quale scrisse Un uomo è un uomo: influenzato dalla poetica di Erwin Piscator2, Bertolt ideò Galy Gay, protagonista del dramma in costante lotta per la sopravvivenza, e adoperò per la prima volta il termine Teatro Epico3. Inizia, quindi, intorno a questi anni l’elaborazione di una nuova teoria teatrale che si differenzia e rivoluziona totalmente la passata concezione aristotelica: quella del Teatro Epico.

Ma che cosa è il TEATRO EPICO?

Nel TEATRO EPICO Brecht nega la teoria della Einfuhlung, cioè dell’intuizione capace di creare un legame tra la scena, il pubblico e i procedimenti classici della drammaturgia aristotelica, sostenendo che la società contemporanea a lui, è determinata in misura prevalente dalle scienze, di conseguenza, nasce nell’autore la necessità di creare un teatro prettamente ”scientifico”.

La forma epica, per l’appunto, si avvale di una particolare tecnica di recitazione definita da Brecht e basata sul cosiddetto effetto di straniamento. La pratica che dà luogo all’effetto di straniamento è opposta a quella convenzionale che si prefigge, invece, l’immedesimazione4. L’attore può servirsi dell’immedesimazione, in uno stato preliminare, nello stesso modo in cui se ne servirebbe qualsiasi persona priva di attitudini e di ambizioni drammatiche, per imitare un’altra persona, per mostrarne il comportamento. L’attore sulla scena non dà luogo alla totale metamorfosi nel personaggio da rappresentare, egli mostra il proprio personaggio, “mantenendo il contegno di chi si limita a suggerire, a proporre”, tenendosi a distanza dal personaggio5.

L’importante è sollecitare lo spettatore alla critica del personaggio. Il punto di vista che l’attore sceglie è un punto di vista sociale, costringe lo spettatore a decidere ponendolo di fronte alla vicenda a scopo di studio. Con la prospettiva che imprime alla vicenda, con la caratterizzazione che dà del personaggio, egli rende evidenti quei tratti che rientrano nel campo d’azione della società. Così la sua arte diviene un colloquio col pubblico al quale si rivolge e perciò induce lo spettatore a giustificare o rifiutare quelle condizioni, a seconda della classe cui appartiene. Nella forma epica l’uomo è trasformabile e da trasformare e non come nel teatro del passato nel quale l’uomo era immutabile ed i sentimenti non venivano conservati ma spinti alla conoscenza.

La vita durante il Nazismo

Nella sua vita Brecht non fu solo impegnato artisticamente, ma si avvicinò anche a studi economico-sociali che lo portarono alla lettura di Hegel e Marx6 e alla sua conversione al marxismo. Nel 1928 scrisse L’opera da tre soldi libero rifacimento di una rappresentazione di John Gay, intitolata l’opera di un mendicante7. Fondamentale e di chiaro impatto fu la collaborazione con Kurt Weil, compositore, che seppe applicare la musica alla nuova concezione di teatro. Intorno al 1930 matura nel drammaturgo l’elaborazione dei Lehrstuke, drammi didattici8che rispecchiano in modo limpido e conciso i principi di un’etica marxista.

Con l’avvento del regime nazista Brecht e la moglie nel febbraio del 1933 fuggirono verso Praga, spostandosi poi a Vienna, Parigi, Svezia ect. L’esilio durò fino al 1947. Questi anni lontano dalla madre patria furono per lo scrittore molto produttivi, riuscì ad affinare le sue teorie raggiungendo la maturità artistica; di questo periodo, infatti, sono le opere capitali Gli orazi e i curiazi, il breve saggio Cinque difficoltà per scrivere la verità, Madre Coraggio e i suoi figli e la prima stesura di Vita di Galileo. Nel 1941 si stabilì a Santa Monica in California, non furono anni felici9 poiché egli non ebbe il successo desiderato. Conobbe Charlie Chaplin e Charles Laughton con cui portò a termine la seconda stesura di Vita di Galileo10.

Tornato in patria e stabilitosi nella Berlino Est, fonda insieme alla moglie il Berliner Ensemble che in poco tempo divenne una delle compagnie teatrali più importanti e rinomate d’Europa11, si dedicò alla regia mettendo in scena anche vecchi drammi. L’autore decise di rielaborare per la terza volta Vita di Galileo sulla base di quella americana. Brecht morì il 14 agosto 1956 a causa di una trombosi coronarica; Vita di Galileo fu messa in scena postuma dalla compagnia Berliner Ensamble.

“Vita di Galileo”

Vita di Galileo, affronta con profondità le problematiche che si instaurano nei rapporti tra scienza e potere.

Il dramma epico, diviso in 15 scene, ripercorre la vita, le scoperte e le controversie in cui fu coinvolto Galileo Galilei (1564-1642) dal periodo dell’insegnamento a Padova (1592-1610) fino all’abiura avvenuta nel 1633. Le vicende si svolgono in un arco di tempo di 28 anni che va dal 1609 al 1637 e in tutte queste vicissitudini lo scienziato è accompagnato da due figure importanti Andrea Sarti e Federzoni. Grazie al contributo di quest’ultimo la lente per il cannocchiale subisce delle modifiche che permetteranno a Galileo di dare fondamento alle sue teorie astronomiche confutando la tesi tolemaica. È grazie a questo strumento che giunge alla sua prima grande scoperta, e cioè l’esistenza dei quattro satelliti di Giove. Non tutto ciò che si trova in cielo, quindi, ruota intorno alla Terra come mette in evidenza Brecht (nella scena III) si tratta della prima prova che può mettere in crisi il sistema tolemaico. Difatti, l’intera storia è costruita attorno a questo potente oggetto di conoscenza che permette di analizzare i moti celesti, ma allo stesso tempo è anche pericoloso in quanto è capace di distruggere l’intera e millenaria teoria tolemaica sostenuta dalla chiesa in virtù del geocentrismo della Bibbia.  

Il cannocchiale, perciò, diviene anche un elemento simbolico: nella prima parte del dramma rappresenta gli entusiasmi, il fervore scientifico delle nuove scoperte e le delusioni di Galileo mentre nei momenti prossimi all’abiura esso assume un valore quasi negativo: viene nascosto, coperto, dimenticato. Man mano che la storia si sviluppa lo scienziato inizia ad essere contestato e non apprezzato all’interno del territorio italiano soprattutto dagli esponenti della chiesa. Galileo tenta in tutti i modi di provare la validità delle sue teorie, cercando di confermare il sistema copernicano e mettendo in dubbio le concezioni cosmiche dell’epoca. All’amico Sagredo, che lo esorta a non divulgare le sue scoperte per timore delle reazioni delle autorità ecclesiastiche, Galileo risponde

 << Li agguanterò per il collarino e li pianterò da­vanti al mio telescopio. Anch’essi soggiacciono alla se­duzione delle prove. Copernico, non dimenticarlo, voleva che credessero alle sue cifre: io chiederò loro soltanto di credere ai loro occhi. >>12

Tutto ciò però non ha sviluppi, lo si nota quando Galileo si confronta con il Principe Medici ed i suoi scienziati o con il Cardinale Bellarmino. Il mondo che vuole mettere in luce il dramma teatrale è un mondo dogmatico, molto attaccato alle apparenze e diffidente nei confronti delle novità scientifiche e della ragione umana. Sono presenti nell’opera dei punti chiave come ad esempio quando Galileo estrae il sassolino dalla tasca lasciandolo cadere a terra e dicendo ad alta voce

<< in aria, Messere: mi è caduto in aria!>>13

perché la terra non è che un minuscolo sasso, una minuscola parte dell’intero universo. Si può notare in Vita di Galileo la fede che lo scienziato professa nella ragione e nei sensi. Nonostante l’aperta ostilità di scienziati aristotelici ed ecclesiastici è proprio un autorevole astronomo del Collegio Romano, Cristoforo Clavio, che nel 1611 conferma le scoperte di Galileo dicendo

<< adesso i teologi dovranno prov­vedere a rimettere in ordine il cielo >>14

Il cardinale Bellarmino nel 1616 pone all’indice la teoria eliocentrica consigliando a Galileo prudenza ed invitando lo scienziato a trattare la teoria copernicana come pura ipotesi teorica. In questo passo si nota che il conflitto tra scienza e religione è notevole: mentre la chiesa si basa su dogmi indiscutibili, per Galileo la scienza deve essere sempre in grado di mettersi in discussione.

Nel 1623 Maffeo Barberini, da anni amico ed estimatore di Galileo, sale al soglio pontificio col nome di Urbano VIII. Il nuovo papa è uomo di scienza, il che incoraggia Galileo a riprendere i suoi studi sulle macchie solari, accantonati dopo gli ammonimenti del cardinale Bellarmino. L’osservazione di quest’ultime dimostra che il Sole ruota su sé stesso, quindi si dichiara in netta opposizione con la teoria Aristotelica. Un anno dopo lo scienziato inizia un nuovo lavoro in cui mette a confronto il sistema tolemaico con quello copernicano, pubblicato poi nel 1632 col nome di Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.

È a causa di questo scritto, che Galileo inizia ad avere problemi. Egli descrive sotto forma di dialogo, una disputa in cui il sostenitore del sistema copernicano, Salviati, è descritto come uno scienziato intelligente e acuto. Il difensore del sistema tolemaico, invece, è rappresentato da un aristotelico di nome Simplicio, che, appare come un personaggio poco arguto, da qui deriva anche la scelta del nome.

Nella conclusione dell’opera Galileo mette in bocca a Simplicio alcune argomentazioni spesso ripetute da Urbano VIII, secondo cui è possibile che le cause dei fenomeni naturali, che sono emanazioni della potenza divina, rimangano indecifrabili agli occhi dell’uomo. Quello di Galileo vuole essere un omaggio al papa a cui riserva l’ultima parola all’interno della disputa. Ma il fatto che il suo pensiero venga messo in bocca al “semplice” Simplicio irrita notevolmente Urbano VIII. Questa scena descritta da Brecht evidenzia da un lato come il papa provi quasi un’avversione ai risultati ottenuti da Galileo, d’altro canto però, l’autore sottolinea come la filosofia e le scoperte dello scienziato costituiscono un serio pericolo per i fondamenti della dottrina della Chiesa. Tuttavia la goccia che fa traboccare il vaso non è tanto il finale del Dialogo, che mette in ridicolo Urbano VIII, quanto la decisione da parte dello scienziato di pubblicare la sua opera in volgare rivolgendosi ad un pubblico più vasto.

Brecht sottolinea che l’opera di persuasione di Galileo vuole essere di carattere globale. La scienza quindi non si limita a occuparsi di teorie astratte e di ricerche che interessano pochi addetti ai lavori, ma agisce sul pensiero collettivo, stimolando una presa di coscienza da parte di tutta la società. In Vita di Galileo la scienza si vuole contrapporre all’atteggiamento del potere ecclesiastico e della nobiltà, intenzionati a proteggere i propri privilegi con un saldo mantenimento dello status quo. La filosofia che Galileo intende perseguire è un’assoluta ricerca della verità che comporta una visione del mondo più ampia: bisogna aprire gli occhi per capire i meccanismi che regolano il cielo e rivelare i meccanismi che disciplinano la società. Secondo Brecht il progresso portato dalla scienza va a influenzare la vita dell’essere umano, liberandolo dal giogo dei potenti e migliorando nel concreto le sue condizioni di vita.

Galileo, viene convocato a Roma nel 1633, fu processato dall’Inquisizione con l’accusa di aver difeso e divulgato la teoria geocentrica; per salvarsi rinnega il suo pensiero e la sua fede nella ragione, disconoscendo pubblicamente la dottrina di Copernico attraverso l’abiura. La Chiesa in questo modo vince riaffermando il proprio potere. Galilei vive i suoi ultimi anni sotto la sorveglianza dell’Inquisizione. In una delle ultime scene dell’opera Brecht descrive l’incontro tra Galileo e il giovane Andrea, suo discepolo fin da bambino. Riflettendo sul suo caso lo scienziato si condanna con parole amare:

<<Ho tradito la mia professione; e quando un uomo ha fatto ciò che ho fatto io, la sua presenza non può essere tollerata nei ranghi della scienza>>15

La riflessione che attua, alla fine, Galileo è sull’importanza e sulla responsabilità della scienza nei confronti della società: vi è, dunque, una rivalutazione del protagonista agli occhi di Brecht e dei posteri. La scienza, secondo Galileo, si deve porre due obiettivi: da un lato attraverso le scoperte scientifiche l’uomo tende verso il progresso alleviando le fatiche dell’esistenza umana, dall’altro la scienza non deve imporsi come unico scopo la ricerca del sapere, ma deve saper uscire dal proprio isolamento tenendo presente l’umanità, lottando per liberarla dal peso dell’ignoranza e della superstizione con cui il potere della chiesa tenta di sottometterla.

Nell’ultima scena Galileo passa il testimone, offrendo la propria esperienza e la propria ricerca nelle mani di chi rappresenta la scienza del futuro: Andrea, che diventa il tramite con il quale l’ultima opera di Galileo verrà portata al di fuori dei territori controllati dall’Inquisizione. Si tratta dei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, in cui lo scienziato illustra le sue scoperte sui principi della dinamica e sulla caduta dei gravi. L’opera più importante di Galileo giunge fino a noi, e la scienza elude il controllo di chi voleva tapparle la bocca.

Genesi, fortuna teatrale e cinematografica dell’opera

Vita di Galileo è stata l’ultima opera teatrale scritta da Brecht, essa si divide in tre fasi di elaborazione: la prima fase chiamata Danese si ebbe nel 1938, la seconda fase (quella americana) si sviluppò dal 1943 fino al 1945 e la fase conclusiva, quella Berlinese, fu negli ultimi anni di vita dell’autore tra il 1955 ed il 195616.

Brecht si interessò alla figura di Galilei già nel 1933 in occasione del trecentenario processo dell’Inquisizione allo scienziato, riuscendo però solo nel 1938 alla drammatizzazione dell’opera. Il personaggio di Galileo viene rielaborato da Brecht come la figura dello scienziato battuto ma non completamente sconfitto. Il 27 febbraio 1939 la radio danese trasmise la notizia dell’avvenuta scissione dell’atomo di uranio e come sostenne l’autore “tutto faceva prevedere la notte imminente”. Nel periodo che Brecht passò in America, conobbe personalità importanti tra cui Jed Harris e Charles Laughton, i quali si interessarono alla versione danese ed insieme all’autore iniziarono nel 1944 un progetto di traduzione che si protrasse fino al 194717, anno del rientro dall’esilio di Brecht. Il lavoro che ne scaturì fu una completa rielaborazione del Galileo danese, un testo nuovo che poneva in primo piano come mezzo di comunicazione la recitazione

< è necessario sapere che la nostra rappresentazione fu allestita nel periodo e nella nazione in cui era stata fabbricata e impegnata militarmente la bomba atomica, e dove la fisica atomica rimaneva avvolta nel più fitto segreto. Il giorno in cui la bomba atomica venne sganciata non sarà facilmente dimenticato da che si trovava in America, ai quali la guerra col Giappone era costata effettivamente grandi sacrifici.>>18

La figura di Galileo viene rivisitata in una chiave molto più complessa: con l’accettazione dell’abiura lo scienziato ha compiuto un crimine nei confronti della società, ostacolando il processo di liberazione dal potere della chiesa e, di conseguenza, negando il riscatto del bene per il genere umano. Vi è come una sorta di rivalutazione del personaggio che deve essere condannato sia dal lettore che dallo spettatore, anziché innalzato. Tutto ciò, si rispecchia nella contemporaneità di Brecht di quegli anni bui che preludono alla Seconda Guerra Mondiale: la figura di Galileo doveva riflettere il senso di impotenza dell’uomo nei confronti della storia che si stava attuando. Il 6 agosto 1945 fu sganciata la bomba atomica su Hiroshima.

Brecht si oppose alla messa in scena del dramma danese rappresentato a Zurigo nel 1943 con la regia di Leonard Steckel19; fu allestita la messa in scena del Galileo anche negli Stati Uniti nel 1947, prima a Beverly Hills e poi a New York entrambe furono dirette da Joseph Losey e impersonate da Charles Laughton20 La compagnia del Berliner Ensemble riuscì a mettere in scena Vita di Galileo solo il 15 gennaio 1957, poco dopo la morte dell’autore, l’evento ebbe una risonanza internazionale. In Italia Giorgio Strehler21 decise di mettere in scena il Galileo brechtiano al Piccolo Teatro di Milano nel 1963

«La lezione brechtiana offre alcuni dei suoi frutti migliori negli spettacoli di Giorgio Strehler che – nel fruire di siparietti di tutte le guise e tessuti e degli innumerevoli sfruttamenti della loro funzionalità che hanno contraddistinto l’era del teatro epico – ha trovato una soluzione esemplare facendone, nella creazione di Luciano Damiani per Vita di Galileo, un’autentica macchina mossa da argani a vista.»22

Tuttavia, Vita di Galileo riesce ad adattarsi anche a produzioni in ambito cinematografico come per esempio il Galileo di Liliana Cavani del 1968, esso

<< si permea di una contraddizione che si caratterizza come un tentativo di dialogo da parte dello scienziato con il potere della chiesa e del film stesso con la realtà.>>23

Infine, Joseph Losey realizzò nel 1974 un film basato su Vita di Galileo di Brecht, cercando di inserire nel film le idee che il drammaturgo applicava al teatro24.  

Conclusione

Per comprendere pienamente le tematiche del dramma Vita di Galileo, è necessario innanzitutto considerare il contesto storico in cui Brecht si dedica alla stesura del testo, cioè tra la fine degli anni Trenta e gli anni Quaranta del Novecento. Si tratta, infatti, di un periodo di grande tensione politica in tutto il mondo: la Germania è governata dal regime nazista, che opprime gran parte delle libertà personali dell’uomo, nel 1939 scoppia la Seconda Guerra Mondiale, che si concluderà poi nel 1945 con la distruzione di Hiroshima e Nagasaki, mediante la bomba atomica.

Tali avvenimenti influenzano largamente l’opera brechtiana, trasformando il testo teatrale in una riflessione sulla scienza e sulle libertà. Ne è prova il fatto che l’autore non si soffermi sulla giovinezza di Galileo, ma apre il dramma con un Galileo già adulto e affermato come scienziato che sta compiendo una cosa del tutto quotidiana come lavarsi. Il dramma stesso, più che raccontare la vita di Galileo, narra delle sue scoperte scientifiche incentrandosi sulla critica al sistema tolemaico e ponendo l’accento sullo stra-potere della chiesa. La decisione stessa dell’autore di porre al centro del dramma lo scienziato italiano non è un caso, la sua vicenda, infatti, presenta molti punti in comune con la situazione che Brecht stava vivendo in Germania: per Galileo l’oppressione proveniva dall’Inquisizione, mentre per Brecht dal regime nazista. Le scoperte scientifiche di Galileo furono ostacolate perché scomode, esse si opponevano alla volontà dell’Inquisizione, solo le scoperte più utili, come le pompe idrauliche o le carte nautiche, vennero approvate poiché erano vantaggiose per la Repubblica Veneziana. Similmente il regime nazista opprimeva tutti coloro che si opponevano alla sua politica, utilizzando la scienza solo per i propri fini. In particolare, durante la seconda Guerra Mondiale, la scienza fu concepita e utilizzata come mezzo di distruzione; esempio lampante è l’uso che il regime nazista ne fece: attraverso tesi scientifiche, venne dimostrato che esistevano razze superiori e razze inferiori, ancora più evidente la creazione delle bombe atomiche sganciate sulle città giapponesi dagli americani.

Brecht, influenzato da questi orribili fatti, compì una riflessione sulla scienza e sui compiti che doveva svolgere, facendo esprimere a Galileo stesso la sua opinione sul ruolo di quest’ultima, nell’ autoaccusa finale

<< Io credo che la scienza abbia come unico scopo quello di alleviare la fatica dell’esistenza umana>>25

Vita di Galileo è considerato come il testamento spirituale dello Stuckschreiber, specialmente nella parte finale del dramma l’autore esplicita il suo pensiero inerente alla scienza rappresentandola come un’arma a doppio taglio molto potente nelle mani dell’uomo

<<Un giorno, a ogni vostro eureka rischierebbe di corrispondere un grido di dolore universale>>26

dice Galileo, sempre nella sua autoaccusa. Ecco i due motivi per i quali lo scienziato ha il dovere di sostenere la verità a ogni costo: per migliorare l’esistenza umana ed evitare l’uso scorretto e negativo della scienza. Se quest’ultimo non persegue la verità commette un grave crimine ai danni dell’umanità. Lo afferma Galileo stesso

<<Chi non conosce la verità è soltanto uno sciocco; ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un criminale!>>27

In questo tema è inserita la chiave del dramma: Galileo è un uomo sconfitto, perché non ha saputo difendere la verità in favore dell’umanità. Galilei risulta così essere un personaggio contraddittorio, che subisce un mutamento nel corso dell’opera. All’inizio infatti è pienamente convinto che la verità debba essere perseguita ad ogni costo, tanto che la sua sete di sapere diventa quasi un vizio; per compiere i suoi studi decide di rimanere a Firenze, pur essendo infestata dalla peste, mettendo a rischio la propria vita, e anche quella della sua governante, che non ha la forza di partire senza di lui. Per sostenere le sue tesi, assume posizioni contrarie alla Chiesa, impedendo così alla figlia Virginia di sposarsi, soltanto alla fine del libro il suo atteggiamento, invece, muta: per paura dell’Inquisizione, rinnega le sue tesi, tradendo così la scienza e l’umanità. I contrasti presenti nella figura di Galileo emergono anche nel suo carattere. Lo scienziato incarna perfettamente l’uomo del rinascimento, che si ribella alla tradizione e che crede fermamente nella propria ragione e nella materialità, lotta per la scienza, vuole rendere le sue scoperte pubbliche. Ma allo stesso tempo è eccessivamente immerso nella vita terrena amando i piaceri della tavola e temendo gli strumenti di tortura dell’Inquisizione. Ha grandi ideali, ma è troppo attaccato alla vita materiale

<< Ho abiurato perchè il dolore fisico mi faceva paura >>28

dice nella scena 14. Galileo, tuttavia non è l’unica figura del dramma ad essere piena di contrasti ed incongruenze. Ne è un esempio la stessa Inquisizione, che condanna le tesi copernicane senza tenere conto delle nuove scoperte di Galileo. Alla domanda dello scienziato <<Ma i satelliti di Giove, le fasi di Venere? […]>>, il cardinale Bellarmino risponde << Il Sant’Uffizio ha emanato il suo decreto senza soffermarsi su questi particolari >>29

Personalmente il tema affrontato e la morale scientifica, mi hanno interessato. E’ un tema difficile da trattare, ma Brecht riesce ad esporlo con una semplicità disarmante.

Bibliografia e sitografia

  • AA. VV. , Enciclopedia dello spettacolo, vol. 2 BAS-CAP, Roma, UNEDI, 1975B.
  • Brecht, Scritti teatrali, teoria e tecnica dello spettacolo 1918-1942, vol.I, Einaudi, Milano, 1962.
  • B. Brecht, G. Strehler, E. Castellani, Vita di Galileo di Bertolt Brecht /di Bertolt Brecht ;diretto da Giorgio Strehler ; traduzione di Emilio Castellani, Libretto teatrale, Italgraf, Roma, 1963.
  • B. Brecht, Scritti Teatrali, Note ai drammi e alle regie, Vol. III, Einaudi, Torino, 1965.
  • B. Brecht, Vita di Galileo, Einaudi, Milano, 1938-1956.
  • O. G. Brockett, Storia del teatro, Venezia, Mirasma, 2000.
  • P. Chiarini, Bertold Brecht, Laterza, Bari, 1967.
  • F. Ewen, Bertolt Brecht. La vita, l’opera, i tempi. Milano, Feltrinelli, 1970.
  • V. Morpurgo, l’avventura del sipario – Figurazione e metafora di una macchina teatrale, Ubulibri, 1984.
  • P. Pavis, Dizionario del teatro, Zanichelli, Bologna, 1998.
  • C. Tirso, Liliana Cavani, Castoro, Bologna, 1975.
  • http://digidownload.libero.it/rogandolfi/rogandolfi/Dispense_a.a.2011-2012_files/benjamin.pdf
  • http://portalegalileo.museogalileo.it/igjr.asp?c=36300
  1. Vedi AA. VV. , Enciclopedia dello spettacolo, vol. 2 BAS-CAP, Roma, UNEDI, 1975, p. 1046. ↩︎
  2. Vedi O. G. Brockett, Storia del teatro, Venezia, Mirasma, 2000, pp. 539-540 ↩︎
  3. Vedi P. Chiarini, Bertold Brecht, Bari, Laterza, 1967, pp. 165-166. ↩︎
  4. Vedi O.G. Brockett, Storia del teatro, Mirasma, Venezia, 2000, pp. 539-543. ↩︎
  5. Vedi http://digidownload.libero.it/rogandolfi/rogandolfi/Dispense_a.a.2011-2012_files/benjamin.pdf ↩︎
  6. Vedi P. Chiarini, Betrold Brecht, Laterza, Bari, 1967, tavola cronologica, p. XII. ↩︎
  7. Ivi, pp. 102-110. ↩︎
  8. Vedi P. Pavis, Dizionario del teatro, Zanichelli, Bologna, 1998, p. 141. ↩︎
  9. Anche se la sua produzione continua ad essere molto florida, ad esempio realizza per l’industria di Hollywood Anche i boia muoiono (1942) storia dell’assassinio del capo delle SS Heydrich con la regia di Fritz Lang ↩︎
  10. Vedi Bertolt Brecht, Vita di Galileo, Introduzione di G. Oneto, Torino, Einaudi, 1994, pp. XI-XIV. ↩︎
  11. Vedi O. G. Brockett, Storia del teatro, Marsilio, Venezia, 2000, p. 543. ↩︎
  12. Vedi cit. Brecht, B. (1938-56), Vita di Galileo, scena III, p. 69 ↩︎
  13. vedi cit, Brecht, B. (1938-56), Vita di Galileo, Scena VI, p. 115 ↩︎
  14. Ivi, cit. p. 119. ↩︎
  15. Vedi cit. B. Brecht (1938-56), Vita di Galileo, Scena XIV, p. 241. ↩︎
  16. Vedi P. Chiarini, Bertold Brecht, Laterza, Bari, 1967, p. 256. ↩︎
  17. Ibidem ↩︎
  18. Vedi cit. B. Brecht, Scritti Teatrali, Note ai drammi e alle regie, Vol. III, Einaudi, Torino, 1965, p. 150. ↩︎
  19. Vedi O.G. Brockett, Storia del teatro, Marsilio, Venezia, 2000, p. 587. ↩︎
  20. Come sopracitato, Laughton collaborò insieme a Brecht per realizzare la versione americana, rielaborando e traducendo il dramma danese. ↩︎
  21. Vedi B. Brecht, G. Strehler, E. Castellani, Vita di Galileo di Bertolt Brecht / di Bertolt Brecht ; diretto da Giorgio Strehler ; traduzione di Emilio Castellani, Libretto teatrale, Italgraf, Roma, 1963 ↩︎
  22. edi cit.V. Morpurgo, l’avventura del sipario – Figurazione e metafora di una macchina teatrale, Ubulibri, 1984, p. 193 ↩︎
  23. Vedi cit. C. Tirso, Liliana Cavani, Castoro, Bologna, 1975, p. 51. ↩︎
  24. Vedi http://portalegalileo.museogalileo.it/igjr.asp?c=36300 ↩︎
  25. Vedi cit. B. Brecht, vita di Galileo, scena XIV, p.239 ↩︎
  26. Ibidem ↩︎
  27. Vedi cit. B. Brecht, vita di Galileo, scena IX, p. 157. ↩︎
  28. Ivi, scena XIV ↩︎
  29. Ivi, scena VII, p. 133 ↩︎

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Giulia Bertuccelli: Storica dell’arte laureata all’Università di Pisa. Affianca per un anno una ditta privata di restauro (tirocinio- Ditta Restauro Garosi, Firenze) poi si forma professionalmente come assistente di galleria, trasferendosi in un secondo momento a Barcellona e lavorando per Espronceda Institute of Art and Culture. Fondatrice del blog Mag Arte, sogna l'estinzione dell' ignoranza. Ama leggere disegnare e scrivere poesie. Ha un forte senso del dovrei e dimostra meno danni di quelli che ha.

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