“Philip Guston Now” è sicuramente una delle mostre più discusse del nostro secolo. Ma cosa ha di tanto particolare?
“Philip Guston Now” avrebbe dovuto aver luogo nel 2020 presso la National Gallery of Art di Washington, per poi spostarsi in altri musei americani e inglesi. Inizialmente è stato lo scoppio della pandemia a ritardarne l’apertura, poi tutto è cambiato con l’omicidio di George Floyd e il movimento Black Lives Matter.
Philip Guston e i suoi lavori
Il lavoro di Philip Guston (1913-1980) è da sempre molto discusso, ma il direttivo dei musei ha avuto dei ripensamenti trovandosi a dover gestire in particolare le opere sul Ku Klux Klan e la parodia su Nixon. Questo atteggiamento però fa luce su due questioni assai rilevanti. Prima di tutto è stato delegittimato il ruolo agitante dell’arte, relegata a mero oggetto di innocua contemplazione. In secondo luogo rappresenta un atto di sfiducia nei confronti del pubblico, ritenuto non in grado di afferrare il messaggio – piuttosto esplicito – che Philip Guston ha veicolato con le sue opere. Difatti la storia personale dell’artista, nonché la sua arte lasciano intendere in modo decisamente esplicito le sue posizioni.
Guston e il KKK
Per non parlare delle opere messe in discussione: Guston tenta di sgonfiare il potere del KKK attraverso l’umorismo, rappresentandoli come un gruppo di clown vestiti con lenzuola; cosi come la serie Poor Nixon, dove il naso-pene del presidente diventa più lungo mano a mano crescono le sue bugie, come le sue guance assomigliano sempre più a dei testicoli. Anche in questo caso i terribili stereotipi razzisti raffigurati da Philip Guston diventano un’arma potentissima contro l’ipocrisia di Nixon e di coloro che lo hanno votato.
Philip Guston Now finalmente è iniziata
Sono passati 3 anni e dopo vari aggiustamenti di staff e di curatela finalmente la mostra è iniziata e nessun attivista e visitatore hanno messo in dubbio l’arte di Philip Guston. Sarà soltanto merito della curatela di questi grandi musei? O forse noi “poveri” visitatori siamo più aperti, sensibili e ricettivi di quanto il mondo dell’arte possa credere?