Se qualche mese fa Francesco Vezzoli ci ha deliziati raffigurando il trio Fedez, Lauro, Berti nelle vesti delle Tre Grazie ispirandosi all’omonimo dipinto del pittore francese Émile Vernon (1872 –1920), adesso è il turno di Salmo.
Uscito il 1 ottobre 2021 l’album “Flop” vede in copertina il rapper sardo nelle vesti di un novello Lucifero cacciato dal Paradiso, così come è stato raffigurato da Alexandre Cabanel (1823-1889) nel celebre dipinto L’Ange Dechu (1868).
Gli inizi negli anni 60
Negli anni Sessanta con l’esplosione della cultura pop assistiamo alla commistione tra musica e arte visiva. Un ruolo di spicco è stato giocato ovviamente dal padre della pop culture, Andy Warhol che nella sua Factory, crocevia di artisti di ogni tipo, dava vita a fenomeni pop di ogni genere, compresa la celebre band di Lou Reed, i Velvet Underground & Nico.
Tutti hanno ben presente la celeberrima «banana di Andy Wahrol» sulla copertina disco The Velvet Underground & Nico ma forse non tutti sanno che inizialmente una serie limitata di copie prevedeva una banana sbucciabile.
Ebbe sì. Una buccia gialla adesiva poteva essere staccata svelando l’immagine del frutto colorata di rosa. Alcune copie prevedono inoltre una scritta con una freccia accanto alla punta della banana con scritto «peel slowly and see».
The Velvet Underground & Nico, “The Velvet Underground & Nico” (1967), Andy Warhol
Warhol e le copertine dei Rolling Stones
Dopo i Velvet Underground, Warhol ha iniziato la sua collaborazione con i Rolling Stones. La prima si ha con l’album Sticky Fingers (1971) dove l’immagine della patta dei jeans di Mick Jagger capeggia spregiudicatamente, lato A e lato B! Come per la “banana”, anche in questo caso era previsto un elemento interattivo: in alcune copie dell’edizione limitata la cerniera era vera e si poteva abbassare!
Rolling Stones, Sticky Fingers (1971), Andy Warhol
Segue la copertina di Love You Live (1977) per la quale l’artista dal caschetto argenteo ha realizzato una serie di foto dei membri della band mentre si mordicchiano a vicenda. Mick Jagger aggiunse di suo pugno il titolo del disco sul disegno frontale, contrariando l’artista.
Andy Warhol, Rolling Stones (1977)
Dagli anni Sessanta in poi sono numerosi i musicisti che si sono lasciati ispirare dalle arti visive, scegliendo opere più o meno note per le copertine dei loro album oppure collaborando con artisti viventi.
Pensiamo alla cover di Closer (1980) dei Joy Division che presenta la riproduzione del celebre monumento funebre della famiglia Appiani raffigurante il compianto delle pie donne realizzato dallo scultore Demetrio Paernio nel 1910, presso il cimitero monumentale di Staglieno (Genova).
Joy Division, Closer (1980)
Damien Hirst e le copertine per i Red Hot Chili Peppers
Sicuramente una delle collaborazioni più interessanti è quella tra i Red Hot Chili Peppers e Damien Hirst per l’album I’m With You (2011).
In primo piano su uno sfondo bianco troviamo una mosca posata su una pillola bianca e rossa sulla quale è presente il titolo dell’album. Il soggetto è un chiaro richiamo a Pharmacy, un’installazione site-specific realizzata da Hirst nel 1992, per la quale ha ricreato una farmacia in una sala della Cohen Gallery di New York usando scaffali recuperati in laboratori e ospedali riempiti di pillole e medicinali di ogni tipo.
Hirst ha collaborato con vari musicisti e curato svariate copertine: nel 1995 ha diretto il videoclip di Country House dei Blur e nel 2006 ha realizzato la cover di Ali in the Jungle di The Hours.
Blur, Country House (1995), videoclip diretto da Damien Hirst
Il legame tra arti visive e musica risulta dunque assai fruttuoso, pertanto noi di MAG abbiamo scelto per voi 12 delle cover più interessanti della storia della musica.
Jackie Gleason, Lonesome Echo (1955), Salvador Dalí
Prima ancora di Warhol si deve a quel genio visionario di Dalí una delle più interessanti collaborazioni tra un artista e un musicista con l’album Lonesome Echo di Jackie Gleason del 1955. Gleason, amico di Dalì, descrisse con queste parole la copertina:
«Il primo effetto è di pena, di spazio, di solitudine. In secondo luogo, la fragilità delle ali di una farfalla, che proiettano una lunga ombra da tardo pomeriggio. Questa fragilità risuona nel paesaggio come una eco. L’elemento femmineo, distante e isolato, forma un triangolo perfetto con lo strumento musicale e la sua altra eco, la conchiglia».
The Beatles, Revolver (1966), Klaus Voormann
Il quartetto di Liverpool affida il progetto artistico all’amico Klaus Voormann, conosciuto ad Amburgo all’inizio del decennio.
Voormann crea un collage di volti realizzati con un elegante tratto reso ancor più poetico dal bianco e nero, dando vita a una delle copertine più poetiche dei Fab Four e una delle più belle di sempre.
The Beatles, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (1967), Peter Blake
Segue l’iconica copertina di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, opera dell’artista inglese Peter Blake ed emblema della psichedelia anni ’60.
Realizzata in collaborazione con l’artista americana Jann Haworth e il gallerista Robert Fraser, Sir Blake realizza un collage vivente con i quattro Beatles in posa circondati da sagome di star del cinema, intellettuali, icone dello sport, e musicisti del passato e dell’epoca.
All’interno del vinile si trovano le mostrine militari dei costumi della band del sargente Pepper da ritagliare e vari gadget delle bamboline di carta che si vendevano in quegli anni. Sgt. Pepper’s fu uno dei primi concept album della storia e il primo a riportare i testi delle canzoni.
Frank Zappa & The Mothers of Inventions, We’re Only in It for the Money (1967)
Sulla scia del successo di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, l’istrionico Frank Zappa decise di farne una parodia. Il design della cover fu affidato al suo principale collaboratore artistico, l’illustratore Cal Schenkel.
Ogni elemento dell’album dei Beatles è stato fedelmente riprodotto secondo un significativo “stile Zappa”.
Patti Smith, Horses (1975), Robert Mapplethorpe
Mapplethorpe e Smith si conobbero a New York nel 1967, quando Smith entrò per sbaglio nell’appartamento di Mapplethorpe per cercare un’altra persona.
La foto non è stata ritoccata ed è stata scattata con una macchina fotografica Polaroid e sfruttando la luce naturale.
Sonic Youth, Goo (1990), Raymond Pettibon
L’album Goo segna il debutto dei Sonic Youth con una major discografica importante.
Il duo, tuttavia, decide di rimarcare la loro origine underground con questa copertina, realizzata dall’artista americano Raymond Pettibon, noto per il suo stile di illustrazione a inchiostro nero su fondo bianco che combina immagini e testo e in bianco.
Il fumetto si ispira ad un macabro fatto di cronaca riprendendo una foto giornalistica che ritrae Maureen Hindley e David Smith, due testimoni chiave di un famoso processo per plurimo omicidio che nel 1966 ha sconvolto la Gran Bretagna. Maureen era la sorella di Myra Hindley, che con il suo amante Ian Brady, assassinò brutalmente cinque bambini e li seppellì nella isolata brughiera di Saddleworth.
Il fumetto recita: “Ho rubato il ragazzo a mia sorella. Era tutto sballo e sesso. Nel giro di una settimana abbiamo ucciso i miei e siamo partiti.”
Talking Heads, Speaking in Tongues (1983), Robert Rauschenberg
Il leader dei Talking Heads, David Byrne chiese a Rauschenberg realizzare la copertina del quinto disco della sua band. Rauschenberg accettò, ma chiese di poter realizzare qualcosa di insolito: una scatola di plastica trasparente con la sua realizzazione stampata su tre collage trasparenti, uno per ogni colore primario. L’immagine si può vedere a intermittenza ruotando il disco.
New Order, Power, Corruption and Lies (1983), Henri Fantin-Latour
Peter Saville, direttore artistico dei New Order, avrebbe voluto un dipinto rinascimentale per la cover dell’album Power, Corruption and Lies (1983), ma nulla sembrava convincerlo.
Durante una visita alla National Gallery di Londra la sua ragazza prese una cartolina raffigurante il dipinto del pittore francese Henri Fantin-Latour, e la mostrò a Saville dicendogli che avrebbe potuto usarla per la copertina. Ecco come è nata una delle cover più belle della band.
Manic Street Preachers, The Holy Bible (1994), Jenny Saville
Per questo album la band gallese ha scelto Jenny Saville, artista nota per le raffigurazioni non stereotipate di donne nude solitamente raffigurate dal basso, come questa cover, che rappresenta un trittico di un mastodontico corpo femminile ritratto dal basso da tre angolazioni differenti.
Manic Street Preachers, Journal for Plague Lovers (2009), Jenny Saville
La collaborazione tra i Manic Street Preachers e Jenny Saville si è ripetuta con l’album Journal for Plague Lovers (2009), per il quale è stato scelto il dipinto Stare (2005). Raffigurante il primo piano di un ragazzino con il viso ricoperto di sangue, l’album è stato ritenuto sconveniente dalle principali catene inglesi di supermercati, pertanto è stato messo in vendita avvolto in una sovracopertina neutra.
Blur, Think Tank (2003), Banksy
Banksy ha accettato di realizzare la cover dell’album Think Tank (2003) dei Blur perché a corto di soldi.
L’artista, che solitamente non si presta a lavori commerciali e su commissione, ha dichiarato:
Se è qualcosa in cui credi davvero, fare qualcosa di commerciale non significa per forza che sia una merda, solo perché è commerciale…
Banksy
Lucio Dalla, Angoli Nel Cielo (2009), Valerio Berruti
Lucio Dalla per la cover dell’ultimo album di inediti, Angoli nel cielo (2009) ha affidato il progetto grafico all’artista Valerio Berruti.
Il risultato è una illustrazione molto poetica che rimanda all’infanzia e al desiderio di spiccare il volo.
Lady Gaga, Artpop (2013), Jeff Koons
Jeff Koons ha realizzato la cover di Artpop (2013) di Lady Gaga: sullo sfondo si intravedono delle parti tratte dalla Venere di Botticelli, mentre in primo piano Gaga sembra avere appena partorito una sfera blu.
“One second I’m a Koons, then suddenly the Koons is me” canta Lady Gaga nella canzone “Applause”.