Era l’anno 1501 e Michelangelo aveva già fatto ritorno nella capitale Toscana, spinto da affari legati a “domestici negozi”. Non appena si seppe del suo rientro, le commissioni furono numerose e di gran prestigio, questo a dimostrazione della grande reputazione che si era conquistato durante il soggiorno romano.
Quello che attendeva Michelangelo non era una semplice commissione, ma una vera e propria sfida: il 16 agosto 1501 fu incaricato dall’Opera del Duomo di realizzare una scultura raffigurante Davide e Golia, ma con la clausola di riutilizzare il grande blocco di marmo già sbozzato, dallo scultore Agostino di Duccio, che ormai giaceva da oltre quarant’anni nella Bottega della Cattedrale, già ripreso in mano nel 1476 da Antonio Rossellino, nel vano tentativo di provare a scolpire lo stesso soggetto.
Michelangelo, allora ventiseienne, di ritorno da Roma dopo aver creato il suo primo grande capolavoro: la Pietà, accettò la sfida.
Le difficoltà erano molte ed evidenti, ma era testardo, il che fossero state asportate porzioni di marmo indispensabili alla buona riuscita del lavoro, nonostante questo Il Buonarroti iniziò a lavorare su quello che poi fu chiamato “il Gigante”, in tre anni completò l’opera.
Affrontò il tema dell’eroe in maniera completamente rinnovata e insolita, non fece riferimento ad alcuna iconografia della tradizione, scelse di rappresentare il David come un uomo giovane e nudo, dall’atteggiamento pacato e di attesa, ma con i nervi tesi pronto ad una reazione, come a voler simboleggiare, secondo molti dei contemporanei, il nascente ideale politico repubblicano, che vedeva nel cittadino-soldato – e non nel mercenario – l’unico in grado di poter difendere le libertà repubblicane. I cittadini fiorentini riconobbero subito la scultura come un capolavoro.
Nonostante il David fosse stato ideato per l’Opera del Duomo e quindi per essere osservato da un punto di vista ribassato e non certo frontale, La Signoria decise che doveva essere il simbolo della città, perciò venne posto nel luogo con il maggior valore simbolico: Piazza della Signoria.
Fu una commissione appositamente nominata e composta dagli artisti più importarti di Firenze fra cui Davide Ghirlandaio, Simone del Pollaiolo, Filippino Lippi, Sandro Botticelli, Antonio e Giuliano da Sangallo, Andrea Sansovino, Leonardo da Vinci, Pietro Perugino, a decidere la collocazione più adeguata
Leonardo, ovviamente, votò per una posizione un po’ più appartata del David, propose sotto una nicchia nella Loggia dei Lanzi, un posto non certo dei migliori. Questo confermò le voci di cattivi rapporti e di conflitto fra i due personaggi nella piazza fiorentina del periodo.