Fu cresciuta da una famiglia cattolica, ebbe un legame molto stretto con il fratello André (1894-1992), pittore paesaggista che la introdusse nella comunità artistica di Montparnasse.
Scoppiò la Grande Guerra ed André fu costretto a partire per il fronte. Questa assenza segnò molto Jeanne.
Fu la modella, per un breve periodo di Tsuguharu Foujita, che la definì vicieuse et sensuelle. Era molto bella, il suo viso era perfetto e incorniciato da lunghi capelli castani.
Voleva fare carriera nel mondo dell’arte, e si iscrisse all’Académie Colarossi. Qui, nel dicembre del 1916, fece conoscenza con Amedeo Modigliani e ne divenne la sua musa.
Si innamorarono e nel luglio del 1917 i due andarono a convivere presso Rue de la Grande Chaumière, vicino all’accademia da loro frequentata.
Jeanne tenne nascosta la storia con Modigliani, fino al marzo dell’anno seguente, ormai la gravidanza era evidente, non era più possibile nasconderla.
Modigliani si ammalò di tisi, e nell’estate del 1918, si trasferirono a Nizza dove il 29 novembre nacque la loro figlia Jeanne. Non rimasero a lungo in costa azzurra, l’estate successiva rientrarono a Parigi, nonostante le condizioni di salute di Modigliani si aggravavano sempre di più.
Il 24 gennaio del 1920 Amedeo Modigliani morì. Jeanne Hébuterne venne condotta dagli Zborowski in una camera d’albergo più calda e accogliente dell’appartamento diviso col compagno. Vi passò la notte. Il mattino successivo una cameriera trovò un rasoio sotto il guanciale.
Jeanne venne portata a forza nella casa paterna dai propri familiari.
La giovane donna, devastata dal dolore della perdita, intorno alle 4 del mattino del 26 gennaio, al nono mese di gravidanza, si lanciò dalla finestra dell’appartamento al quinto piano. Morì sul colpo insieme al bambino da lei portato in grembo.
La famiglia di Jeanne, disapprovava la relazione con Modigliani, la seppellirono nel cimitero di Bagneux, a Parigi. Nel 1930 permisero il trasferimento, al cimitero Peré Lachaise, e fu seppellita nella stessa tomba del suo grande amore. L’epitaffio, redatto italiano: Compagna devota fino all’estremo sacrifizio.