Il Perugino, vero nome Pietro di Cristoforo Vannucci, non è mai stato, a mio avviso, uno di quei pittori che ti rimangono così simpatici da voler studiare e approfondire. Certo, questo è un sentimento che non riguarda da vicino il vero storico dell’arte, colui che non deve farsi influenzare da questioni di gusto, tuttavia durante i miei anni universitari, più volte ho sentito parlare della “noia” e dei volti “tutto uguali” in merito all’arte del Perugino.
Eppure, osservando la grande opera pittorica di colui che prese parte preponderante nella decorazione della Cappella Sistina e che veniva definito “il meglio maestro d’Italia”, notiamo che il Perugino seppe spaziare con abilità dalle pale d’altare ai dipinti d’ambito profano, giungendo, in maniera mirabile, persino alla ritrattistica.
Il Perugino, tecnica e composizione
Se le labbra serrate delle Madonne e dei personaggi della storia sacra, le composizioni sotto loggiati dai soffitti a volte, la geometria spaziale dei dipinti sempre composta e ordinata sono tutte cifre stilistiche quasi archetipiche, così e immediatamente riconoscibili e riconducibili a questo pittore, la ricerca del nostro occhio deve indagare la modalità pittorica e gestuale di quest’ultimo caratterizzata da una pennellata gentile e mai impetuosa, da un utilizzo sfumato di colori pastosi e brillanti, ma mai intensi piuttosto delicati e morbidi.
I ritratti
L’arte del Perugino si presenta come equilibrata e armoniosa dove tutto è reso a ingentilire persino le scene di martirio. Quest’arte però si mostra nel suo splendore soprattutto nella ritrattistica, un genere che a fine del 400 proprio Perugino contribuì a rinnovare.
Il ritratto di Francesco delle Opere
Il ritratto di Francesco delle Opere (1494) conservato agli Uffizi viene probabilmente eseguito durante il soggiorno veneziano del Perugino come reca un’iscrizione sul retro dell’opera e quindi può risentire dell’influenza di Antonello da Messina, artista che ebbe un grande impatto nell’ambiente veneziano.
Al di là degli influssi stilistici, Francesco delle Opere, intagliatore seguace di Savonarola, (come si vede dal cartiglio con scritto “Timete Deum”), ci viene mostrato da Perugino in tutta la sua presenza ed è ben lontano dagli sguardi assenti e imperturbabili dei personaggi delle storie sacre.
L’introspezione psicologica che mostra l’essenza caratteriale dell’effigiato, l’indagine minuziosa sull’incarnato, il gioco di contrasti tra la palpabile carnosità del volto e l’etereo paesaggio retrostante sono alcuni degli elementi in cui il nostro occhio viene invitato a posarsi di fronte al Perugino meno noto, quello ritrattista.