Storia di un’opera e dell’imperatore più anarchico dell’antica Roma.
Vizioso, scialacquatore, ozioso, beffardo, depravato, disinibito eroe decadente. Anarchico. Eliogabalo è l’emblema dell’imperatore romano della decadenza, il sovrano sul quale i biografi si sono più divertiti nel riportare aneddoti stupefacenti e inquietanti, delineandone un ritratto estremo. Chi meglio di Lawrence Alma-Tadema (1836-1912) poteva celebrare questo personaggio?
Lawrence Alma-Tadema, difatti, è stato uno dei pittori vittoriani più influenti della sua epoca, conosciuto in particolare per i suoi soggetti ispirati all’antichità classica in cui ha rappresentato il lusso e la decadenza dell’Impero Romano raggiungendo esiti pittorici sorprendenti.
Le rose di Eliogabalo
Ispirato ad un passo della Historia Augusta, il dipinto raffigura uno dei celebri banchetti organizzati dall’imperatore romano. Eliogabalo, per stupire i suoi invitati, avrebbe fatto preparare un finto soffitto dal quale avrebbe fatto ricadere una gran quantità di fiori durante la cena.
Stando al mito la quantità di petali rilasciati fu talmente copiosa da soffocare alcuni dei commensali. Una vera e propria “morte profumata”.
In primo piano, difatti, assistiamo a questo tripudio di petali di rosa che sommerge gli invitati, mentre in secondo piano, Eliogabalo, il personaggio con una veste dorata, assiste alla scena con altri invitati.
L’opera apparentemente non ha niente di drammatico, anzi, tutto è volto a suscitare stupore nello spettatore coinvolgendolo nella scena. Possiamo sentire l’odore e la voluttuosa morbidezza di quella nuvola rosa di petali, venendone travolti e soffocati a nostra volta.
Le rose di Eliogabalo e la ricostruzione della scena
La scena de Le rose di Eliogabalo è stata ricostruita con piglio archeologico ed erudito da parte dell’artista (costumi, scelta delle pietanze, raffigurazione dei marmi, architettura) il quale, tuttavia, si è concesso una significativa licenza rispetto alla fonte, immaginando consistenti nuvole di petali di rose, laddove non viene specificato la tipologia di fiori.
Tale scelta va legata al significato associato alla rosa nella cultura decadente quale simbolo di voluttà e bellezza estenuata. La rosa diventa, dunque, espressione della luxuria imperiale (eccesso, lusso, dissolutezza), della stravaganza, degli eccessi e della libertà sessuale dell’Imperatore Eliogabalo.
Secondo alcuni studiosi la natura libertina dell’imperatore verrebbe qui rappresentata sia mediante il gruppo scultoreo di Dioniso (opera ispirata ad un originale conservato originale nei Musei Vaticani) sia attraverso il gioco di sguardi che si crea tra l’uomo all’estrema destra, che guarda in maniera insistente l’imperatore romano, e una delle donne al tavolo imperiale. Un’allusione alla bisessualità e poligamia di Eliogabalo?
Tuttavia, l’interpretazione dell’antica Roma offerta da Alma-Tadema è priva di intenti moralisti o edificanti, anzi tradisce un gusto per l’edonismo, il cui scopo è quello di sollecitare tutti i sensi dell’osservatore.
Noi, come l’artista, non possiamo che simpatizzare per queste figure decadenti, eroi dal languore romantico, dedite alla sensualità e alla piacevolezza degli ozi.